La bibliografia indicata è essenziale; alle fonti effettivamente utilizzate dai commentatori lincei è affiancata una selezione di studi utili ad un primo inquadramento di carattere storico-critico dell’opera.

  

FONTI

Alpini, Prospero. De plantis exoticis libri duo

Alpini, Prospero. Prosperi Alpini De plantis Aegypti liber

Avicenna. Liber canonis medicine

Bauhin, Caspar. Phytopinax seu Enumeratio plantarum

Besler, Basilius. Hortus Eystettensis

Camerarius, Joachim. Hortus medicus et philosophicus

Cesi, Federico. Apiarium

Cieza de León, Pedro. Historia Peruana

Clusius, Carolus. Exoticorum libri decem

Clusius, Carolus. Rariorum aliquot stirpium per Hispanias observatarum historia

Clusius, Carolus. Rariorum Plantarum historia

Colonna, Fabio. Minus cognitarum stirpium aliquot

Colonna, Fabio. Phytobasanos sive Plantarum aliquot historia

Dalechamps, Jacques. Historia generalis plantarum

Della Porta, Giovan Battista. Magiae naturalis libri XX 

Falloppio, Gabriele. De morbo Gallico

Fernández de Oviedo, Gonzalo.Historia general y natural de las Indias 

Grill, Lorenz. De Sapore dulci et amaro

Hernández, Francisco. Francisci Hernandi ... Opera : cum edita, tum inedita, ad autographi fidem et integritatem expressa, impensa et jussu regio

Imperato, Ferrante. Historia naturale     

Lobel, Mathias de. Plantarum, seu, Stirpium historia 

Mattioli, Pietro Andrea. Commentarii in libros sex Pedacii Dioscoridis Anazarbei De medica materia

Mattioli, Pietro Andrea. De plantis epitome utilissima

Mattioli, Pietro Andrea. Petri Andreae Matthioli Opera quae extant omnia

Pona, Giovanni. Monte Baldo descritto da Giovanni Pona veronese

Scaligero, Giulio Cesare. Iulii Caesaris Scaligeri Exotericarum exercitationum lib. XV

 

STUDI

Antei, Giorgio. Tesoro Mexicano : visioni della natura fra Vecchio e Nuovo Mondo

Baldriga, Irene. L'occhio della lince : i primi Lincei tra arte, scienza e collezionismo (1603-1630)

Brevaglieri, Sabina. Natural desiderio di sapere

Cadeddu, Maria Eugenia e Guardo, Marco. Il Tesoro messicano: libri e saperi tra Europa e Nuovo Mondo

Camerota Michele, Ottaviani Alessandro, Trabucco Oreste. Lynceorum historia: le schede lincee di Martin Fogel 

Freedberg, David. The eye of the lynx: Galileo, his friends and the beginnings of modern natural history

Gabrieli, Giuseppe. Il carteggio linceo

Gabrieli, Giuseppe. Contributi alla storia della Accademia dei Lincei

Galluzzi, Paolo. Libertà di filosofare in naturalibus: i mondi paralleli di Cesi e Galileo

Graniti, Antonio [a cura di]. Federico Cesi : un principe naturalista : Acquasparta, 29 e 30 settembre 2003

Guerrini, Luigi. The Accademia dei Lincei and the New World

Guerrini, Luigi. Piante e animali nel Nuovo Mondo : Federico Cesi e il Tesoro Messicano

Marini Bettòlo, Giovanni Battista. La collaborazione scientifica tra Italia e Spagna per la conoscenza delle risorse naturali del Nuovo Mondo

Marini Bettòlo, Giovanni Battista e Salvini, Giorgio [prefazione]. Una guida alla lettura del tesoro messicano : Rerum medicarum novae Hispaniae thesaurus

Olmi, Giuseppe. L'inventario del mondo : catalogazione della natura e luoghi del sapere nella prima età moderna

Ottaviani, Alessandro. Da Fabio Colonna a Paolo Boccone : momenti della storia della botanica fra Napoli e Sicilia (con un appendice di lettere inedite)

Ottaviani, Alessandro. La parte di Fabio Colonna nel Tesoro messicano dei Lincei

Ottaviani, Alessandro. Natura ed esattezza all'alba della scienza galileiana : le Observationes di Fabio Colonna

Ottaviani, Alessandro. La natura senza inventario: aspetti della ricerca naturalistica del linceo Fabio Colonna

Ottaviani, Alessandro e Trabucco, Oreste. Theatrum naturae: la ricerca naturalistica tra erudizione e nuova scienza nell'Italia del primo Seicento

Tongiorgi Tomasi, Lucia e Tongiorgi, Paolo. La nascita della moderna iconografia botanica

 

 

Le brevi biografie qui riportate sono tratte da: G.B. Marini Bettòlo; prefazione di Giorgio Salvini, Una guida alla lettura del tesoro messicano.

 
Duca di Acquasparta e principe di Sant'Angelo e di Monticelli (oggi Montecelio) è il principale realizzatore della stampa della do­cumentazione botanica, zoologica e mineralogica raccolta nel Messico da Francisco Hernàndez. Scienziato, umanista, mecenate, è una delle figure più importanti della scienza del XVII se­colo, oggi ancora troppo dimenticata e insufficien­temente valutata. La fondazione dell'Accademia dei Lincei, a lui dovuta, rappresenta una profonda innovazione nella cultura del suo tempo che Egli schiude ad una nuova scienza basata sull'osser­vazione della natura e dei fenomeni naturali in opposizione alle scuole dell'epoca.
Nato nel 1585, dalla nobile famiglia romana dei Cesi, duchi di Acquasparta, studioso di scienze naturali ed in particolare della botanica, si cir­condò nella sua Accademia di giovani studiosi italiani e stranieri, promuovendo studi e ricerche per le quali richiedeva grande spirito di osserva­zione. L'osservazione doveva essere molto acuta così che la lince, nota per la sua acutezza visiva, fu presa come simbolo del cenacolo Linceo.
Cesi si impegnò in vari campi delle scienze na­turali con l'intento di riunire le sue osservazioni in un'opera monumentale da intitolare Theatrum totius naturae. Di grande rilievo sono le cosiddette Tabulae phytosophicae che rappresentano un im­portante tentativo di sistematica botanica, nel quale egli aveva incluso anche le piante del Nuovo Mondo. Questa opera riporta anche molte importanti osservazioni, come la scoperta del doppio sesso delle piante ad altre sulle piante eliotropiche.
Il suo primo biografo, l'Allacci, riporta una sua prima bibliografia nel 1633. Cesi contribuì alla impostazione ed alla redazione del Rerum Medi­carmi Novae Hispaniae Thesaurus e scrisse una opera sulle Piante imperfette, funghi ed altre pian­te senza fiori, con l'Eckio, opera considerata perduta e recentemente riscoperta a Parigi.
Cesi ebbe il merito di introdurre nella ricerca botanica l'uso dell'«occhialino», lo strumento che egli denominò microscopio, come pure di proporre per il canocchiale il nome di telescopio, Nomen Telescopii excogitavit, scrive lo Stelluti.
Cesi non riuscì a terminare le sue opere per la sua morte prematura nel 1630 e gran parte del suo lavoro è andato disperso.
Federico Cesi, era uomo di profonda cultura e pieno di interessi. Il suo «naturai desiderio di sapere» non si limitava al lavoro sperimentale, si circondava di libri anche scritti in arabo che potessero soddisfare la sua curiosità scientifica.
Nobile di Fabriano, entusiasta della osservazione della natura fu insieme a Fe­derico Cesi, Giovanni van Heeck, l'Eckio, medico olandese, e ad Anastasio de Filiis di Terni, uno dei fondatori nel 1603 dell'Accademia dei Lincei. Solerte, attivo, discreto, è stato sempre l'anima del­l'Accademia, seguendone il lavoro, vivente Fede­rico Cesi, e quindi prendendone la pesante eredità, nel travagliato periodo del processo a Galileo.
Egli aveva pubblicato un magnifico volume delle sue ricerche sulle Api — L'Apiario — e ave­va collaborato alla Melissografia, opere edite dai Lincei — che hanno il merito di portare anche qui per la prima volta figure eseguite osservando i dettagli anatomici dell'Ape con il nuovo stru­mento ottico, il microscopio.
Stelluti per dare compimento al Tesoro ne com­pilò i magnifici indici e fece stampare le sette ul­time Tavole fitosofiche, sia pure incompiute, la­sciate da Federico Cesi.
Con questo ultimo impegno nel 1651 si può considerare che si dissolva la comunità Lincea.
Lo Stelluti morì a Roma nel 1653.
Nato a Torino nel 1590 fu uno studioso e scienziato eclettico ed umanista.
Venuto a Roma, fu molto vicino al Cardinale Francesco Barberini, nipote del Papa Urbano Vili, di cui divenne il segretario.
Egli lo seguì tra l'altro in Spagna nel 1626 quan­do il Cardinale vi si recò come nunzio. In quella occasione, ottenne dal bibliotecario dell'Escoriai, una copia del manoscritto Heraandino, da cui trasse il Liber Unicus, che appare negli esemplari del Tesoro dopo il 1648.
Dal Pozzo ascritto ai Lincei nel 1622 ebbe il grande merito di raccogliere uno straordinario materiale bibliografico di grande interesse storico, e soprattutto di acquistare gran parte dei libri della biblioteca di Federico Cesi, dopo la sua mor­te per evitarne la dispersione. Morì nel 1657.
Johannes Schreck che latinizzò il suo nome in Johannes Terrentius è l'altro commentatore del compendio di Recchi. Nato a Costanza in Germania, venne a Roma dove acquistò fama per le sue conoscenze botaniche. Il Proja lo definisce «celebre fisico e medico». Nel 1611 fu ascritto tra i Soci Lincei e in questo anno si dedicò intensamente al commento del compendio di Recchi ed anche alla descrizione di alcune piante riportate solo sommariamente dal Recchi.
La partecipazione di Terrentio al cenacolo Linceo fu purtroppo molto breve, in quanto entrando nel 1612 nella Compagnia di Gesù, per lo statuto linceo fu costretto a lasciare l'Accademia. Il suo interesse per il Tesoro si continuò a manifestare ancora dopo avere lasciata l'Accademia. Durante il suo viaggio in Spagna nel 1618 gli fu possibile controllare il manoscritto dell'Hernàndez.
Nel 1618 partì per la Cina come missionario e per partecipare agli studi per la riforma del calendario cinese che l'Imperatore aveva affidato ad un gruppo di padri gesuiti.
In Cina raccolse numeroso ed importante materiale, oggi ancora in parte inedito o purtroppo disperso. Alcune opere matematiche di questo periodo furono pubblicate a Pechino con il suo nome, questa volta in lingua cinese, di Theng Yu-han. Morì nel 1630.
Altro Linceo che partecipò indirettamente alla opera del Tesoro è Giusto Ricchio, o Josse de Rycke, latinizzato in Justus Riquìus, scienziato belga, grande amico del Faber che più volte lo menziona e gli dedica anche un sonetto stampato nel testo del Tesoro. Al Ricchio molto colto in archeologia e in lettere latine, fu affidata la revisione linguistica del testo latino del Tesoro.
Johannes Faber è il nome latinizzato di Johannes Schmidt, medico e scienziato tedesco nato a Bamberga nel 1577. Egli studiò a Roma alla Sapienza e fu discepolo del Cesalpino. Primario medico all'Ospedale del Santo Spirito e curatore del Giardino dei Semplici. Professore alla Sapienza, fu uomo di grande sapere e di grande attività. La sua fama lo mise a contatto con tutti i principali studiosi e anche uomini di stato della sua epoca, come risulta dallo straordinario carteggio lasciato alla Chiesa di Santa Maria in Aquiro in Roma ed ora depositato presso l'Accademia dei Lincei, costituito da 14 volumi di lettere in latino, tedesco ed italiano.
Il Faber nei suoi scritti si definisce filosofo, medico e « pubblico professore romano » — cioè professore della Sapienza, curatore delle piante del Sommo Pontefice nell'orto botanico che allora si trovava in Vaticano.
Il Faber è uno scienziato che vive profondamente la vita sociale del suo tempo; ha rapporti e relazioni con le maggiori personalità della Corte Pontificia oltre che del mondo scientifico europeo. Egli si dedica nel quadro dell'opera collettiva lincea a commentare gli animali del Messico riportati dal Recchi. Scrive così un vero trattato, un volume in quarto di circa quattrocento pagine.
La sua cultura non si limita alle scienze naturali ma è vastissima e tocca i campi della storia e dell'archeologia, della geografia.
Johannes Faber muore nel 1629 a Roma.
Fabio Colonna nato a Napoli nel 1567, acquistò per i suoi studi fama di naturalista ma soprattutto di botanico. Egli per la sua scienza si afferma in un più vasto contesto europeo. Quale botanico ebbe contatti con tutti i botanici del suo tempo. Ha lasciato importanti opere botaniche e naturalistiche come il Phytobasanos e Minus cognitarum rariorumque species.
La sua fama è soprattutto legata al fatto che egli propose per la classificazione delle piante il termine genere. Linneo un secolo dopo lo definiva il più grande botanico dei suoi tempi: «Omnium botanicorum primus» (Linné, Amoenitates academ., III, Holmiae 1750, p. 80).
Fu molto amico di Federico Cesi che aveva conosciuto a Napoli e fu ascritto tra i Lincei nel 1612.
La sua partecipazione, per cui era stato sollecitato dal Cesi al commento e alla revisione del Compendio di Recchi, è limitata ma molto precisa e profonda ed è un esempio della evoluzione del mondo botanico, basato sull'osservazione, rispetto all'impostazione classica di Teofrasto e di Plinio
Colonna introduce in questi commenti «più filosofia e verità». Morì a Napoli nel 1640.
Francisco Hernàndez era nato a Puebla de Montalbàn in provincia di Toledo nel 1515. Si addottorò in medicina presso l'Università di Alcala de Henares. Esercitò la professione in varie parti della Spagna e particolarmente a Siviglia, dove approfondì le sue conoscenze nel campo della botanica. Trasferitosi a Toledo e poi a Madrid, entrò in contatto con illustri medici del suo tempo come il Vesalio, e si dedicò anche a tradurre in «castigliano» la Historia naturalis di Plinio, dimostrando una notevole cultura scientifica.
Venne nel 1569 a fare parte della corte come medico di camera di Filippo II che, apprezzandone le qualità, lo nominò nel 1570, Protomedico delle Indie, con l'incarico di recarsi nella Nuova Spagna, cioè nel Messico, per studiare la Storia naturale medica del Nuovo Mondo. Per questo doveva oltre che studiare le piante e gli animali usate in quelle terre come medicamenti, raccogliere le più complete informazioni dai medici, erboristi indigeni di tutti i materiali impiegati nella medicina, oggi diremmo tradizionale, effettuando su di essi anche tutte le esperienze necessarie per accertare le loro proprietà.
Hernàndez fece vela per il Messico nel settembre 1570, accompagnato dal figlio Juan e arrivò a Vera Cruz nel gennaio 1571, dopo avere sostato nel suo viaggio alla Gran Canaria, a Santo Domingo e a La Habana.
A Città del Messico, dove si stabilì, si valse della collaborazione di medici indigeni e di numerosi pittori — arte in cui i messicani erano (e sono) particolarnente abili come si deduce dai codici aztechi — per raccogliere e documentare le numerose piante descritte e allora usate nella medicina tradizionale. Dal primo anno egli potè raccogliere informazioni sulla maggior parte delle piante che poi figurano nel Tesoro. Negli anni successivi percorse varie regioni sia sull'altopiano che nel bassopiano, per constatare personalmente l'habitat e l'impiego di queste piante.
Particolare interesse presentavano tra l'altro i giardini botanici, specie quelli appartenuti ai principi della dinastia azteca. Particolarmente importanti quelli di Cuernavaca e di Huaxtepec. Ebbe anche contatti con l'eremita spagnolo Gregorio Lopez (1542-1596) che aveva raccolto numerose ricette indigene.
Durante il suo soggiorno in Messico che si protrasse fino al 1576, ebbe il modo di raccogliere e descrivere le piante secondo le nozioni botaniche dell'epoca e di classificarle secondo il metodo galenico, con saggi organolettici, stabilendo le loro proprietà, anche con pericolo personale, come quando si intossicò gravemente nell'assaggiare il latice di una euforbiacea. [...]
Hernàndez morì nel 1587 senza aver visto pubblicato il suo lavoro più importante.
Leonardo Antonio Recchi, nato a Montecorvino nell'attuale provincia di Salerno in Campania, si era addottorato in medicina nel 1564 presso la Scuola Medica salernitana. Lo troviamo in Spagna alla Corte di Filippo II quale proto-medico. Doveva avere numerose capacità se il Re gli affidò il compito di fare il compendio della relazione di Hernàndez sulle piante, animali e minerali del Messico. Questo compito fu da lui espletato durante il soggiorno in Spagna. Nel 1589 rientrò a Napoli. Morì nel 1595 in Italia, lasciando erede di tutti i suoi scritti il giureconsulto Marco Antonio Petilio.
La ‘filosofia’ che sottende questo lavoro nasce dalla volontà di ‘riunire in un unico spazio’ – al presente sul terreno della sola sezione botanica  – quanto a una consultazione ‘fisica’ del testo cartaceo risulta distribuito e disseminato in punti diversi, spesso anche molto lontani l’uno dall’altro.
L’eccezionale apparato iconografico che Hernandez aveva fatto realizzare da artisti indigeni durante la sua spedizione in Messico (originali perduti durante l’incendio della Biblioteca dell’Escorial del 1671) venne parzialmente riprodotto da Recchi in occasione del suo compendio. A tale riproduzione avevano a loro volta attinto i Lincei per eseguire le copie da utilizzare nella stampa del Tesoro (cfr. Faber, Alia animalia novae hispaniae, p. 788).
La resa delle immagini, ottenute (a costi elevatissimi) attraverso la tecnica xilografica, non fu – come apparve subito evidente a Cesi e ai sodali lincei – propriamente soddisfacente, soprattutto se paragonata alle eccellenti riproduzioni che figuravano in testi botanici coevi, come l’Hortus Eystettensis di Basilius Besler (1613). Alla scarsa definizione dei contorni e dei dettagli si aggiungeva l’assenza, nella stampa, dei colori, ben presenti nella copia di Recchi. Appariva così di fondamentale importanza, per i commentatori lincei, sopperire a questa evidente lacuna col fornire precise indicazioni e informazioni circa l’aspetto degli esemplari provenienti dal Nuovo mondo, restituendone – attraverso il ricorso a similitudini con oggetti appartenenti al Vecchio – odori, sapori, sensazioni tattili di vario genere. Una necessità tutt’altro che trascurabile in particolare per la sezione botanica – in assoluto la più consistente: circa 830 immagini, se comprendiamo i particolari singolarmente raffigurati – dove occorreva incoraggiare il lettore a procedere oltre l’impressione fornita dalla ‘nuda figura’ in bianco e nero, affiancandole, ove possibile, una puntuale ‘colorum descriptio’ delle sue varie componenti: fiori, semi, foglie, radici, ecc. (cfr. Schreck, Aliarum novae hispaniae plantarum, p. 346).
Utilizzando, quindi, come ‘unità’ le singole immagini distribuite all’interno dei capitoli dei vari libri, di cui si mantiene l’esatta scansione (libro 2, 3 ecc., fino all’8), si è così proceduto a integrare l’originario commento di Schreck apposto al testo di Recchi con tutti gli interventi successivi dispersi in luoghi differenti dell’opera – dalle Aliae plantae alle Notes omissae nonnullae -  unendo a questi, quando presenti, le stesse annotazioni di Colonna in modo che il lettore abbia di fronte a sé, in un unico spazio, nell’ordine: l’immagine della  pianta, il riferimento immediato all’originaria descrizione del testo di Recchi tramite collegamento diretto all’opera (Vai al testo); il commento integrato di Schreck/Colonna come pure i rimandi relativi alla medesima (o omonima) pianta in luoghi diversi del testo.
Cacauaxochitl
I commenti dei due lincei divengono in questo modo la chiave per un confronto con la letteratura botanica precedente o coeva (da Prospero Alpino a Monardes, Clusius, Da Orta ecc.) opportunamente richiamata attraverso tag a testi e autori.
Non è stato possibile, in questa prima fase del lavoro, corredare di adeguati commenti di carattere storico-artistico o scientifico (di tipo botanico, farmacologico, chimico-alchemico) la presentazone della ricca rassegna offerta dal Tesoro. Si sono però, per ogni esemplare, evidenziati colori e proprietà terapeutiche (‘Legenda’), al fine di fornire una base iniziale per futuri, specifici approfondimenti. 
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