1826-1913

Originario di Lugo di Romagna dove nacque nel 1826, non poté studiare per cause familiari, ma fu comunque giovane di ampie letture. Dopo la prima guerra d’indipendenza seguì la famiglia in Toscana e con l’aiuto di alcuni amici poté frequentare l’Università di Pisa. Parallelamente all’attività di insegnante privato lavorò come pubblicista a Firenze, collaborando a numerosi quotidiani e alla «Nuova antologia». Dopo alcuni mesi alla direzione delle gallerie e dei musei di Firenze, fin dal periodo del governo provvisorio della Toscana e in seguito col nuovo Stato italiano, ricoprì numerosi ruoli, anche prestigiosi, all’interno del ministero dell’Istruzione Pubblica, tenuto in gran considerazione dai ministri che via via si succedevano alla guida del dicastero, soprattutto da Michele Coppino.

Antonio Favaro lo commemorò all’Istituto veneto, al quale il Donati era ascritto come socio corrispondente. Lo considerava in generale un «tributo doveroso» ai suoi meriti letterari, in quanto scrittore di narrativa e di libri per le scuole, di «storie bizzarre, fantasie, bozzetti, racconti, romanzi». Ma per quanto riguardava se stesso, il riconoscimento era «doverosissimo», perché riteneva di essergli debitore «in gran parte» della felice riuscita dell’impresa editoriale galileiana. Il Donati aveva fatto propria la causa dell’edizione nazionale ed era stato lui a redigere il testo del decreto reale che il 20 febbraio 1887 aveva autorizzato l’avvio dei lavori a spese dello Stato, definendo quello del Favaro un «nobilissimo disegno a beneficio degli studi e ad onore d’Italia». Si era battuto, pur senza successo, per ottenere una tiratura più ampia dei volumi con la possibilità di metterli in commercio ed aveva escogitato la soluzione di un’edizione economica che «purtroppo non andò oltre il primo volume, e dovette essere buttata a mare in una burrasca» che, senza il suo «coraggioso intervento, avrebbe travolta anche l’edizione principale». Fu sempre grazie alla sua autorità che ogni biblioteca e ogni istituto scientifico in Italia e all’estero avevano avuto in omaggio una copia delle Opere di Galileo Galilei, in modo che potessero essere consultate da un numero più largo possibile di studiosi. Dopo aver lasciato il ministero per questioni burocratiche di avvicendamento, il Donati si dedicò per anni al progetto di un dizionario delle parole nuove coniate da reali esigenze di ammodernamento della lingua o anche dall’insipienza degli scrittori. Nella sua prosa il Favaro vedeva «eleganza di stile, purezza di lingua, castigatezza di pensiero e di espressione, non scompaginata però da un certo brio o da qualche punta di bonaria ironia». Cesare Donati morì a Roma nel 1913.

Cesare Donati, 1826-1913