Nacque nel 1787 in una frazione dell’attuale Caprese Michelangelo, provincia di Arezzo, terzo figlio di una famiglia numerosa e poco abbiente. Dopo una prima istruzione impartita dal fratello del padre, parroco nei dintorni del paese che l’aveva accolto in canonica, fu mandato dallo zio prima al seminario di Prato e poi all’Università di Pisa, dove scoprì la propria inclinazione agli studi matematico-astronomici. Senza laurearsi, lasciò Pisa per l’Osservatorio di Brera, allora guidato da Barnaba Oriani, per ottenere appena diciannovenne il ruolo di astronomo aggiunto all’Osservatorio di Padova, fondato da Giuseppe Toaldo, che qualche anno dopo fu costretto a reggere con le sue sole forze, senza ricevere alcuna guida dal direttore Vincenzo Chiminello, ormai anziano e in difficoltà.
Come astronomo il Santini si impegnò nello studio dei pianetini, allora argomento d’avanguardia, concentrandosi in particolare su Vesta, ma anche su Cerere, Giunone e Pallade, rendendo l’Osservatorio di Padova un centro di studio di rilievo europeo per l’astronomia di posizione, anche grazie al rinnovamento dell’apparato strumentario che incrementò facendo acquistare apparecchi di ultima generazione. Nel 1813 salì sulla cattedra di astronomia teorica e pratica e dopo pochi anni successe a Chiminello alla direzione dell’Osservatorio. Divenuto uno dei maggiori astronomi a livello europeo ascritto alle accademie più prestigiose, ebbe posizioni di spicco anche all’interno dell’Università, dirigendo per quasi trent’anni la Facoltà di matematica, dal 1845 al 1872, e ricoprendo per due volte la carica di rettore. Le grandi capacità didattiche furono del resto un merito che le svariate generazioni di allievi passate nelle aule padovane apprezzarono sempre. Lasciò contributi importanti anche sulle comete, oltre a trattati di astronomia e di strumentaria ottica.
Giovanni Santini morì nel 1877 in una villa acquistata a Noventa Padovana, dopo aver vissuto gran parte della sua vita all’interno dell’Osservatorio. Sessant’anni più giovane del Santini, Antonio Favaro ebbe la possibilità di incrociarlo solo per poco tempo, grazie alla veneranda età raggiunta dal vecchio professore. Tuttavia gli riconobbe sempre un ruolo determinante nello sviluppo degli studi matematici nell’ateneo che lo aveva visto studente e poi professore, e un’influenza indelebile sugli studenti della generazione precedente, come il proprio maestro (e poi suocero) Domenico Turazza. Nel volumetto su L’Università di Padova con cui nel 1922 celebrò i 700 anni dalla fondazione, il Favaro definì Giovanni Santini «maestro nel vero e più lato senso della parola […], che per oltre mezzo secolo diresse l’Osservatorio astronomico, scienziato di fama europea, e le cui lezioni servirono di testo all’insegnamento in molte fra le primarie università».