1827-1917

Nacque a Napoli nel 1827 in una famiglia piuttosto agiata, ma perse precocemente il padre, di professione avvocato, morto nel 1837 causa un contagio di colera. Dopo un periodo di studio privato, frequentò la scuola di Vico Bisi fondata da Francesco De Sanctis. Nel 1849 si esiliò a Firenze, per sottrarsi da un lato alle insistenze della famiglia, che avrebbe voluto sacrificare a una carriera da giurista i suoi interessi storico-letterari e la sua passione politica, e dall’altro alla repressione borbonica seguita alla rivolta napoletana del 15 maggio 1848, cui aveva partecipato subendo un arresto, fortunatamente senza ulteriori ripercussioni. I disagi legati al trasferimento lo accomunavano a molti esuli napoletani, fra i quali lo stesso De Sanctis, ma la frequentazione del salotto di Margherita Albana Mignaty che faceva di via Larga un crocevia multiculturale di intellettuali locali e stranieri di passaggio, non solo gli facilitò l’inserimento negli ambienti colti fiorentini, ma gli ampliò l’orizzonte e lo aprì a nuove esperienze, plasmandone un profilo unico rispetto a tutti coloro con cui collaborò.

I suoi lavori sulla storia d’Italia, sul Savonarola e sul medioevo italiano, culmine di interessi precedenti, si giovarono anche di una conoscenza approfondita della storiografia francese d’inizio secolo, cui si aggiunsero poi l’attenzione al dibattito inglese e la corrispondenza con John Stuart Mill, conosciuto personalmente a Firenze nel 1855. Dopo Le opere di Cesare Beccaria, edizione con biografia pubblicata da Le Monnier e bacchettata dalla «Civiltà cattolica», e il saggio Sull’origine e sul progresso della filosofia della storia, stampato dalla Tipografia Galileiana, che nei contenuti e nel metodo faceva convivere la tradizione hegeliana con un richiamo al positivismo di Comte e (soprattutto) Mill e con un filone del pensiero italiano che andava da Machiavelli a Vico, nella seconda metà degli anni Cinquanta Villari poteva dirsi a tutti gli effetti un naturalizzato fiorentino. Socio dell’Accademia Colombaria, collaboratore dell’«Archivio storico italiano» di Giovan Pitero Vieusseux, scrisse una biografia di Savonarola, nella quale la centralità della documentazione originale inquadrata in una nuova prospettiva storica era ben lontana dalle ideologie religiose dei neopiagnoni che a Firenze incentravano i propri studi sul domenicano ferrarese. Allo stesso genere di impianto metodologico si sarebbe rifatta anche la biografia di Machiavelli pubblicata circa vent’anni dopo.

Ottenuto l’insegnamento di storia all’Università di Pisa, Villari si distinse anche nelle attività progettuali e organizzative, tanto da essere nominato direttore della Scuola Normale nel 1862. Passò in seguito all’Istituto di studi superiori di Firenze, dove diede vita a una scuola filosofico-filologica fra le più importanti, che lo avrebbe visto ai vertici per qualche decennio. I suoi viaggi di studio all’estero, la sua rete internazionale di contatti, auspice anche la moglie Linda White (figlia di James White, deputato al parlamento inglese di orientamento liberale), ne fecero una personalità di rilievo europeo, i cui scritti venivano tradotti in molte lingue e recensiti sulle principali testate. Quando nel 1865 pubblicò la sua prolusione La filosofia positiva e il metodo storico era a un contesto europeo di letture e di interlocutori che Villari intendeva rivolgersi, per dare un fondamento nuovo alle scienze dell’uomo, strappandole al predominio della tradizione conservatrice e clericale. Il «metodo storico» doveva essere la «via pratica, sicura, positiva» verso la conoscenza di «fatti e leggi dello spirito umano e del pensiero», una rifondazione culturale che vedeva nella rivoluzione metodologica di Galileo uno degli antecedenti più significativi.

Attivo in politica a partire dagli anni Sessanta, Villari sarebbe stato membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, segretario generale del Ministero, deputato negli anni Settanta e senatore dal 1884, in quanto membro della Regia Accademia delle scienze dopo sette anni di nomina e del Consiglio superiore di Istruzione Pubblica dopo sette anni di esercizio. Fra il 1891 e il 1892 fu ministro della Pubblica Istruzione del primo governo presieduto da Antonio di Rudinì, in un periodo poco fortunato sul piano delle risorse economiche, che finì per adombrare gli aspetti positivi del suo operato. Pur membro di accademie e comitati istituzionali, dai Lincei, alla Deputazione toscana di storia patria, al Consiglio superiore degli archivi, non trascurò gli studi storici, di storia medievale e fiorentina in particolare, né la riflessione metodologica, né l’analisi politica intorno all’educazione pubblica, scolastica e universitaria, ai problemi sociali, alla questione meridionale, all’emigrazione, sempre guidati dal faro della scienza positiva. Fu massone con scarsa convinzione, sfiorò il socialismo per tramite dell’allievo prediletto Gaetano Salvemini, che continuò a sostenere nonostante i gli orientamenti politici divergenti, visse con distacco le imprese coloniali in Libia e con apprensione la congiuntura internazionale precedente alla prima guerra mondiale, che considerò comunque una tragedia inevitabile.

Morì a Firenze nel 1917 ed è sepolto nel cimitero monumentale delle Porte Sante. Da Pasquale Villari, padre e teorico del metodo storico, ci si sarebbe aspettati, anche se non entusiasmo, almeno un certo riguardo verso l’edizione galileiana, che ne fu una delle incarnazioni più perfette. Villari, invece, complici forse cattivi consigli, protagonismi e antipatie personali, non nascose mai il proprio fastidio verso l’impresa di Antonio Favaro, fino a far interrompere dopo il solo primo volume, con un atto ministeriale del 1892, la stampa dell’edizione economica pubblicata da Le Monnier, confinando così le Opere di Galileo nel perimetro ristretto dei 500 esemplari fuori commercio. Il Favaro, che avrebbe contato su una maggior diffusione del proprio lavoro, non perdonò il Villari e non rinunciò al progetto; ma nonostante i ripetuti tentativi, compresa una perorazione postuma di Isidoro Del Lungo che ancora nel 1922 rilanciò la sua idea commemorandolo all’Accademia del Lincei, la ristampa in formato ridotto non ebbe più séguito.

Pasquale Villari, 1827-1917