1814-1880

Nacque a Firenze nel 1814. Portato allo studio delle lettere classiche fu allievo degli scolopi di San Giovannino, in particolare del grecista Giovanni Zucconi, dell’Inghirami, dell’ebraista Angelo Paggi. I suoi approfondimenti nell’esegesi biblica lo portarono a incrociare il liberalismo teologico della discussa scuola teologica di Tubinga e i lavori di Johann Adam Möhler e Franz Anton Staudenmaier. Cacciato dal seminario in gioventù a causa di una mentalità giudicata troppo incline ad armonizzare Chiesa e modernità, fu ammesso al sacerdozio solo per l’intervento di Ferdinando Minucci, arcivescovo di Firenze. L’elezione a canonico del Duomo di Firenze non lo distolse dall’attività di studioso e di politico. Il 1848, oltre a vedere il Barsi seduto sullo scranno di deputato al Parlamento italiano, vide anche la condanna di un suo opuscolo, La religione dello Stato, nel quale veniva difesa l’idea di una religione cattolica di Stato, cui l’autorità civile può ispirarsi pur non avendo potere decisionale in merito. Vi si riconosceva al tempo stesso la necessità di difendere la libertà di coscienza e di conciliare sul piano del diritto verità diverse, concedendo agli ebrei parità giuridica. Negli anni successivi si dedicò alle traduzioni, prima fra tutte La ragion filosofica e la ragion cattolica di Gioacchino Ventura. Nel 1857 l’arcivescovo neoeletto Giovacchino Limberti lo nominò vicario generale della diocesi di Firenze, e impegnato in questa carica avrebbe trascorso i successivi 23 anni di una non facile contingenza storica. Morì a Firenze nel 1880, dopo aver rifiutato una sede vescovile offertagli da papa Leone XIII. Probabilmente memore dei propri trascorsi, durante il processo culminato nella condanna del volume De’ nuovi studi della filosofia rimase vicino a Raffaello Caverni, che gli dimostrò amicizia e riconoscenza dedicandogli lo scritto Dell’antichità dell’uomo secondo la scienza moderna.

Amerigo Barsi (1814-1880)