Nato a Genova nel 1846 da nobili discendenze (rigidamente papalina quella da parte di madre), rimase presto orfano di padre, ma anche erede di un discreto patrimonio. Dopo gli studi elementari presso i Salesiani e il liceo, frequentò giurisprudenza all’Università di Genova fino al 1865. Venuto in contatto con Paris Maria Salvago, che diverrà figura di riferimento nella sua vita, iniziò a collaborare con gli «Annali cattolici» da lui fondati (fu inviato al congresso di Malines, dove i cattolici discutevano sul proprio ruolo nella società) e a indirizzare i propri studi sul cattolicesimo liberale francese. Sulla rivista del Salvago, al quale si sarebbe poi associato nella direzione e nella proprietà della testata, scrisse spesso, anche dietro lo pseudonimo di conte di Carinola, spaziando fra vari temi, ma cercando sempre di affermare la necessità di conciliare la sincerità della fede cattolica con l’appartenenza alla nazione italiana. Trasformati gli «Annali» in «Rivista universale», ispirata nell’indirizzo culturale al cattolicesimo liberale, arrivò allo scontro col cattolicesimo intransigente e antiitaliano della «Civiltà cattolica», scontro sfociato alla fine in cause legali, dopo esser stato acuito dalle sue ferme posizioni contro il dogma dell’infallibilità papale e a favore della legge delle guarentigie. Avversata dalle cerchie dei cattolici più intransigenti, la rivista fu traslocata da Genova a Firenze, ambiente più adatto a divenirne la sede. Favorevole, nonostante il non expedit, a un partito liberale conservatore che difendesse proprietà privata e valori cattolici, aderì al progetto del conte Paolo Campello della Spina, che finì fallito. Ereditandone tuttavia il programma politico e non trovando evidentemente pieno accordo con Paris Maria Salvago, il Passano lasciò la «Rivista universale», fondando da solo nel 1879 la «Rassegna nazionale», di cui sarebbe stato proprietario e direttore. La rivista ebbe rilievo europeo e vi collaborarono i maggiori esponenti del cattolicesimo liberale nazionale e internazionale, da Franz Xaver Kraus a Marie-Joseph Lagrange, a Denis O’ Connell, da Antonio Fogazzaro a Giovanni Semeria, a Salvatore Minocchi, a Geremia Bonomelli. L’ostracismo delle gerarchie ecclesiastiche verso il modernismo spinse anche la «Rassegna» su posizioni più squisitamente politiche, che non ebbero tuttavia la forza di creare un partito di riferimento, anche per il contrasto fra due diverse anime della rivista, una più conservatrice e l’altra più aperta a istanze di rinnovamento sociale e culturale. Al punto da spingere il Passano nel 1915 a cedere gratuitamente la rivista, tenuta in vita fino ad allora soltanto dagli sforzi economici suoi personali, ad Antonio Ciaccheri Bellanti e a Roberto Palmarocchi. Il suo impegno politico non era mai venuto meno, e lo aveva visto consigliere provinciale a Genova nel 1886 e a La Spezia nel 1889, né era mai cessata la sua attività nell’associazionismo operaio di matrice cattolica e nella politica scolastica locale. L’attività di editore di riviste culturalmente influenti fu tuttavia il fulcro della sua vita pubblica, che incrociò anche i destini di Raffaello Caverni: sulla «Rivista universale» prima e sulla «Rassegna nazionale» poi furono pubblicati a puntate i suoi lavori più controversi, De’ nuovi studi della filosofia, riunito poi in opuscolo e finito all’Indice, e Dell’antichità dell’uomo secondo la scienza moderna. Manfredo da Passano morì a Firenze nel 1922.