1822-1905

Nacque a San Pietro alle Fonti, presso San Miniato di Pisa nel 1822. Compiuti in paese i primi studi che presto gli formarono l’idea di un’unità linguistica e culturale della nazione, seguì a Siena e a Pisa il corso di studi di giurisprudenza, per laurearsi poi a Lucca. Non senza qualche esuberanza giovanile, l’equilibrio fra spirito religioso e spirito patriottico ispirò fin dall’inizio i suoi lavori. Avvocato di professione, fu portabandiera dell’esercito volontario fiorentino partito per la prima guerra d’indipendenza. Dopo aver combattuto a Curtatone e aver assistito ad altri scontri e rivolte, rientrato in patria, insegnò filosofia elementare a San Miniato e dal 1856 filosofia razionale e morale al liceo di Lucca. I frutti della collaborazione con le maggiori personalità del momento, da Celestino Bianchi a Felice Le Monnier, a Raffaello Lambruschini furono raccolti nel volume Evidenza, amore, fede o i criteri della filosofia uscito a Firenze nel 1858, in un approccio tutt’altro che critico alla storia della filosofia, teso a un’apologetica cattolica estranea al dibattito contemporaneo fra positivismo e hegelismo. Dopo un breve periodo come ispettore generale degli studi per la Toscana, nel 1860 ebbe la cattedra di filosofia teoretica all’Istituto di studi superiori di Firenze. Nominato nel 1869 accademico della Crusca, della quale fu poi arciconsolo, vi lavorò attivamente alla promozione della lingua italiana e dei dialetti toscani. Membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, ebbe anche una breve  carriera politica a livello locale, approdando anche alla Camera dei deputati nelle fila della Destra, anche se il suo cattolicesimo moderato ma non liberale, contrario ad esempio alla soppressione del potere temporale del papa, gli decretò meno fortuna rispetto a posizioni più radicali. Aderì all’Associazione conservatrice nazionale fondata a Roma dopo la morte di Pio IX nell’abitazione privata del conte Paolo Campello della Spina, con l’intento di arginare la temuta scristianizzazione dell’Italia, ma l’idea di costituire un partito cattolico conservatore ebbe breve vita dopo la condanna delle gerarchie della Chiesa. Sostenitore di una forma di conciliazione fra papato e regno d’Italia e fautore di una politica espansionistica verso il continente africano che diffondesse lingua italiana e religione cattolica, spese tutte le forze degli ultimi anni di vita nel tentativo vano di rafforzare i valori di un mondo ormai superato contro l’evoluzione di una mentalità che trasformava inevitabilmente valori e costumi. Nonostante Raffaello Caverni si attestasse su posizioni più avanzate e aperte, Augusto Conti teneva in grande stima il suo lavoro e non disdegnava le sue visite all’abitazione privata di via dell’Erta canina. Il «rugiadoso» Conti (la definizione è di Eugenio Garin) morì a Firenze nel 1905 e fu sepolto nel cimitero di San Miniato col saio francescano e il tricolore.

Augusto Conti (1822-1905)